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Progetto
Ovidio - database
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autore
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brano
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Cicerone
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Della divinazione, II, 128
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originale
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128 Naturam autem eam dico, qua numquam animus insistens agitatione et motu esse vacuus potest. Is cum languore corporis nec membris uti nec sensibus potest, incidit in visa varia et incerta ex reliquiis, ut ait Aristoteles, inhaerentibus earum rerum quas vigilans gesserit aut cogitaverit; quarum perturbatione mirabiles interdum exsistunt species somniorum; quae si alia falsa, alia vera, qua nota internoscantur scire sane velim. Si nulla est, quid istos interpretes audiamus? Sin quaepiam est, aveo audire quae sit; sed haerebunt.
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traduzione
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128 Chiamo natura quella condizione per cui l'anima, non mai ferma, non pu? essere esente da agitazione e da moto. Quando, per la stanchezza del corpo, l'anima non pu? fare uso n? delle membra n? dei sensi, incorre in visioni varie e confuse, derivanti, come dice Aristotele, dalla persistenza delle tracce di ci? che ha fatto o ha pensato durante la veglia. Dal mescolarsi incoerente di questi ricordi sorgono talvolta stranissime immagini di sogni; se alcuni di questi sogni sono falsi, altri veri, sarei davvero curioso di sapere con quale criterio si possano discernere gli uni dagli altri. Se un tale criterio non c'?, a che pro andiamo a consultare quegli interpreti? Se invece ce n'? uno, bramerei di sapere qual ?; ma rimarranno in imbarazzo.
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